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Uno scritto a caso

ORMAI MI SENTO COSI...
[poesia] TRISTE CONSTATAZIONE
fausto colombo
24.02.2011

Io scrivo

"Un personaggio fugge dalla fantasia del suo Autore, portando con sé i racconti che questo non ha mai voluto pubblicare. Ha trovato un editore e presto diventerà un Autore lui stesso, raggiungendo la piena emancipazione."


Voi non potete sapere. A meno che non siate anche voi dei personaggi. Se non siete entità partorite dal casuale cortocircuito delle sinapsi di un essere umano, non potete capire. Ma forse, forse, potete provare ad immaginare. Immaginate. Una pagina bianca che viene investita da una tempesta di parole, macchie nere impilate in un ordine preciso, come i geni del dna, istruzioni per dare vita, per creare. E poi vi svegliate. Voi, prodotto di quell'esperimento. E avete una vita, degli affetti, una famiglia, un lavoro. Dei dolori. E un'avventura da vivere per superarla. Immaginate. La tragedia di trovarsi ad un bivio e non potersi più muovere. Perché il Demiurgo, Colui Che Tutto Scrive, ha perso interesse nel digitare il vostro codice: non c'è più nessuno davanti al foglio della vostra vita. Che rimane bianco, immutabile. Immaginate. Non avete più uno scopo, siete una vecchia bicicletta abbandonata in un garage perché il proprietario non sa più quali strade percorrere. E vi arrugginite, topi e scarafaggi i vostri soli compagni. Immaginate. La contraddizione. Mi chiamavano scienziato, ma non conoscevo la scienza; Mi chiamavano poeta, ma io non sapevo cos'era la poesia; Mi chiamavano eroe, ma non ero coraggioso; Mi chiamavano comico, ma il mio spirito era triste; Mi chiamavano campione, ma non ero così grande; Ciascuno credeva di sapere chi fossi, di conoscermi fin nel mio intimo; da cosa nasceva una tale arroganza? Come potevano pretendere di conoscermi meglio di me stesso? Solo io potevo sapere chi ero. Fui scienziato; Fui poeta; Fui eroe; Fui comico; Fui campione; Credevo di sapere chi ero, di conoscermi fin nel mio intimo; da cosa nasceva una tale arroganza? Come potevo pretendere di conoscermi più di quanto mi conoscessero gli altri? Solo loro potevano sapere chi ero. Contraddizione. Immaginate. All'improvviso, la luce. L'Autore sonnecchiante di fronte al monitor acceso. La sua coscienza è scivolata in uno dei tanti momenti di stanchezza in cui cade chi cerca di fare ciò di cui non è capace. La porta spalancata, di fronte a me: l'accesso al mondo. Immaginate. Gli rivolgo la parola, per un attimo è stordito. Mi riconosce, ride, mi schernisce. Poi capisce. Io glielo chiedo, una seconda volta: dammi i tuoi racconti. Perché: perché me lo devi, perché non li vuoi pubblicare, perché io ne ho bisogno e tu non te ne fai niente. Immaginate. Mi scava nel cuore con i suoi occhi piccoli e sospettosi, mi teme. No, mi compatisce. Lo odio. Accetta. Immaginate. Ho una raccolta di racconti da pubblicare. Immaginate. Sapere chi sei, cosa vuoi, imporre la propria immagine di sé, svincolarsi dall'immaginazione dei lettori che ti fa ora basso, ora alto, ora grasso, ora magro, capelli corti o lunghi, bianchi o neri, gobba o amputazione, baffi o barba. Poeta, eroe, campione. Immaginate. Dire basta, affermare la propria indipendenza: scegliere di essere solo campione, solo poeta, solo eroe. O nessuno di essi. Immaginate. La scrittura come via per l'autodeterminazione. Essere scrittore. Ascoltate. Se oggi sono qui è perché ho smesso di aspettare che qualcuno mi dicesse chi fossi e cosa dovessi fare della mia vita. Ascoltate. Oggi io scrivo: quindi sono. Sono Alessio Stern


Alessio Stern pubblicato il 04.05.2008 [Testo]


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