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Uno scritto a caso

Un regalo per Sara
[scritto]
Roberto Fischetti
03.08.2006

Tu che non sai chi sono

Caro lettore,

potrei iniziarti a scrivere in questo momento pieno di dolore e piangere mentre lo faccio, versare lacrime ininterrottamente sulle parole. Potrei raccontarti delle delusioni e delle sensazioni più brutte, ma a che serve? A che serve se non so nemmeno chi sei tu, lettore? Magari sei nel mezzo del periodo più felice della tua vita o magari sei anche tu nel pieno del dolore, non lo so. Non credo che comunque il mio stato d'animo debba influenzarti. Allora, perchè scriverti? Sicuramente te lo sei appena domandato anche tu. Se non voglio dirti quello che penso sulle due più grandi emozioni che si possano provare, perchè lo faccio?

 

Tutti parlano della felicità e del dolore. Secondo me parlarne ancora, è inutile. Innanzi tutto perchè ambe due le sensazioni sono così profonde e così intime che è giusto, per me e per te, lasciare tutte le sfumature di esse per noi. Poi perchè penso che per quanto possano essere due emozioni così contrastanti, si assomiglino incredibilmente. Se sei felice sai che in ogni caso ti ricorderai di quanto almeno un momento nella tua vita sei stato felice, e se provi immenso dolore sai che ogni momento della tua vita porterà il ricordo vivido e indelebile di quello stesso dolore. Probabilmente l'unica differenza è che il dolore è un'emozione che quasi sicuramente ricomparirà più volte nel corso della propria vita, mente la felicità spesso è legata al ricordo di un momento che quasi sicuramente non tornerà più.

Lettore, ma perchè non mi dici tu qual'è la verità? Perchè non sai rispondermi adesso su come andranno le cose per me e per te? Perchè vuoi leggere quello che ti sto scrivendo? Forse nemmeno tu hai la più pallida idea su come accettare e vivere senza rimpianto le due più forti emozioni che costruiscono la nostra vita. Ecco perchè vuoi leggere quello che penso io.

Una persona mi ha detto più volte che il modo giusto per affrontare le cose, è analizzare oggettivamente e scrupolosamente ogni situazione. Io ho provato e riprovato a fare così. Ho iniziato col mettere in ordine, per quanto possibile, le idee nella mia testa. Ho cercato, per quanto possibile, di trovare un criterio con il quale dividere in sezioni ogni mio pensiero. Ho diviso tutto, per quanto possibile, con quella specie di criterio. Per quanto possibile, infatti, ho provato a dire che dopo questi passaggi avevo tutto chiaro. Niente. Tutto meno chiaro di prima. Ogni cosa aveva semplicemente allargato il dubbio che si portava dietro e l'ordine che avevo cercato di creare mi aveva tolto ogni piccola chiarezza che poteva esserci. Forse mi manca l'oggettività. Ma oggettivo cosa significa?

Sempre quella persona mi aveva dimostrato praticamente come essere oggettivi e come analizzare tutto e io così gli avevo creduto ciecamente, pensando che anche io sarei riuscita a fare lo stesso. Niente di niente. Di quella fantomatica oggettività nemmeno l'ombra. Tutt'ora non riesco a spiegarmi come si può vedere oggettivamente qualcosa come il dolore. Il dolore è una sensazione e la sensazione è tutto tranne qualcosa di definito. Se no tutto questo non si chiamerebbe nemmeno sensazione.

Dopo vari tentativi ho abbandonato l'idea di riuscir ad analizzare oggettivamente qualcosa. Adesso non so se quella persona davvero seguiva i passaggi che mi aveva consigliato o mentiva per far sembrare più facile affrontare la felicità e il dolore.

Ma lettore se non si fa così, come possiamo affrontare tutto questo?  


gaia volpe pubblicato il 26.07.2011 [Testo]


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